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Nell’ultima puntata della seconda stagione di L’ombelico di un mondo si racconta la storia di un film che ha portato l’Italia al centro del mondo: Vacanze romane. E di una donna – l’ambasciatrice americana a Roma, Clare Boothe Luce – che cercò di trasformare il successo planetario di quella pellicola in un emblema dello stile di vita americano. Fu un esempio perfetto di soft power: la capacità degli Stati Uniti di influenzare gli italiani senza ricorrere alla forza o a incentivi economici, ma attraverso la cultura, i valori e la seduzione dell’immagine. In sostanza, spingere gli spettatori a desiderare il benessere dell’Occidente. Ma lo stile di Boothe Luce non era soltanto “soft”. Disprezzava i dirigenti democristiani, che considerava troppo deboli contro i comunisti. Ricattò industriali italiani minacciando di bloccare le commesse negli Stati Uniti se nelle loro aziende la CGIL fosse stata troppo forte. Aprì le porte dell’ambasciata ai fascisti dell’MSI e arrivò a discutere con Indro Montanelli la possibilità di un golpe in caso di vittoria elettorale del PCI. Attrice, scrittrice, politica, figura carismatica, Clare Boothe Luce non esitò a usare il proprio fascino per raggiungere i suoi obiettivi, lasciando un segno nella storia italiana della metà degli anni ’50. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices (https://megaphone.fm/adchoices)